Ricordando...
Anno 2018/2019, sede secondaria, marzo
Da qualche mese sulla mia pelle sono comparse delle macchioline rosse che prudono e, alcuni giorni e soprattutto di notte, sono francamente dolorose. Si spostano rapidamente in vari punti del mio corpo, colonizzandolo e litigandoci. Una visita dal bravo dermatologo M.D. mi ha chiarito le idee: si tratta di orticaria, potenzialmente cronica ma per fortuna non contagiosa.
Entro in classe.
Anzi no, non ho ancora varcato la porta d’ingresso nell’aula che mi si avvicina uno studente. Ha 27 anni, è nato in Mali, e per la prima volta da quando ci conosciamo mi saluta mettendomi una mano sulla spalla. Fino a oggi si è sempre mantenuto a una certa distanza da me.
Mi stupisce che abbia deciso di rompere la barriera del contatto fisico proprio oggi, soprattutto considerando il terrore che le macchie sulla mia pelle hanno seminato in altre persone: per esempio tra i passeggeri sul treno con il quale sono venuta questa mattina, i quali hanno preferito accalcarsi in pochi centimetri di spazio privo d’ossigeno sulle scale piuttosto che rischiare di sfiorare con un dito la stessa aria che stavo respirando io.
Rassicuro il mio studente spiegandogli che le macchie che vede sul mio viso, sulle mie mani e sulle mie braccia resteranno un privilegio soltanto mio.
Lui ride e mi risponde: “Lo so, prof., purtroppo lo so bene. Sono macchie che prudono e fanno male e a me sono venute su tutto il corpo. Avevo paura di darle anche a mio figlio perché lo tengo in braccio, ma in ospedale mi hanno detto che non c’è il pericolo. Volevo solo dire che so che è una cosa fastidiosa e mi dispiace che è venuta anche a te”.
Lo ringrazio. Da quando M.D. mi ha spiegato che questa forma di orticaria potrebbe restarmi incollata addosso, la speranza di guarigione ha fatto le valigie e se n’è andata in quello stesso paese dove manderei volentieri anche la mia malattia. Ma ora, mentre guardo questo mio studente e non vedo macchie sulla sua pelle, la speranza è tornata a casa dentro di me.
Dimenticando che secondo la cultura e la religione cui lui appartiene i contatti tra uomo e donna sono una questione da maneggiare con cautela e a piccoli passi, io mi lancio su di lui, lo abbraccio e gli chiedo come abbia fatto a guarire.
Lui ride di nuovo e, con una perizia medico-scientifica indiscutibile, mi spiega:
“Ma no, non sono guarito. È che su di me le macchie non si vedono. Tu però sei bianca, ti si vede di più. Volevo dire che mi dispiace, sei più sfortunata”.
YOU’RE WHITE, YOU’RE MORE EVIDENT
Recalling…
School year 2018/2019, secondary building, March
It’s been a few months since these itchy red dots have begun appearing on my skin, and certain days, but mostly nights, they honestly hurt. They move rapidly in various areas of my body, colonizing it and fighting it. A visit to a dermatologist has cleared my mind: it’s a rash, which is potentially chronical but luckily non-contagious.
I enter the classroom.
Or I almost do, but a student approaches me. He’s 27, born in Mali and for the first time since we’ve met he greets me with a hand on my shoulder. He has always kept his distance until today.
I am surprised he decided to break out of his personal space bubble, today of all days, since the spots on my skin have been spreading terror amongst other people: for example the commuters on the train this morning, which chose to squeeze themselves on the claustrophobic stairs to avoid sharing space with me.
I reassure my student by saying that the dots on my face, hands and arms are a privilege I am not intending to share.
He laughs: “I know Prof., I know very well. Those spots itch and hurt and I had them all over my body. I was afraid I would pass them onto my son by holding him, but at the hospital they told me not to worry. I just wanted to say I understand how annoying that is and I’m sorry you have them too”.
I thank him. Since doctor explained that this kind of hives may become a permanent trait on me, the hopes of healing have packed their bags and left to a faraway land I’d like to send my rash to, as well. But now, looking at this student with no spots on his skin, I feel a bit of hope coming back.
Forgetting for a second that his custom and religion handle contacts between men and women in a careful way, I hug him and ask about his healing process.
He laughs again and, displaying precise medical and scientific expertise, explains:
“Nah, I have not healed. It’s just on me the spots don’t show that much. But you’re white, you’re more evident. I wanted to say sorry about this unlucky circumstance”.
Caro Luca, hai molta ragione e se perdessimo meno del nostro tempo a - come dici tu - attribuire pro e contro in base al colore della pelle delle persone, ci rimarrebbe tempo anche per fare cose più interessanti...per esempio conoscerci meglio!
Non credo si possano attribuire pro e contro in base al colore della pelle. Sopratutto quando noi "bianchi" possiamo anche cambiarlo abbronzandoci... è un discorso che andrebbe approfondito, basti pensare alle persecuzioni degli albini in Africa e a molti altri aspetti riguardanti l'argomento trattato ma in conclusione ripeto: il colore della pelle non dovrebbe comporta nè vantaggi nè svantaggi.